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Impatto della Tassazione Finanziara sulla Rendita

In questo articolo: valutazioni di tipo qualitativo sull'impatto della tassazione finanziaria sul rendimento di portafoglio

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Dal primo luglio 2014 sul territorio italiano è entrata in vigore una nuova tassazione sulle rendite finanziarie (il DL n. 66 del 24 aprile 2014 poi convertito in Giugno in Legge n. 89 ) che ha visto l'aumento dell'aliquota al 26% per tutto un set di prodotti finanziari, strumenti già colpiti da un precedente aumento nel 2012 (dal 12.5 al 20%). Essendoci ancora prodotti finanziari che hanno aliquote al 12.5%, è evidente che la composizione di un portafoglio non può più prescindere dalla valutazione quantitativa della tassazione, al di là delle proprie strategie di portafoglio e del proprio forecast sui prodotti finanziari. Come noto vivere di trading è tanto più facile quanto capitale si abbia da utilizzare e da luglio 2014 è ancora più difficile operare con poco capitale, affidandosi alle performance dell'azionario che evidentemente sarà più svantaggiato dalla nuova tassazione rispetto a quanto non lo fosse già prima. Tutto ciò rafforza la considerazione che guadagnare è in borsa è molto più facile con prodotti fatti per grandi investitori, ossia con capitali rilevanti e con strategie mirate a raccogliere profitti "certi", senza grossi rischi, anche se con basse performance: la politica di tassazione obiettivamente difende questo tipo di approccio e quindi questo profilo di investore, spesso grandi istituzioni finanziarie a parte rare eccezioni di soggetti privati. Probabilmente, volendo essere da un lato a difesa dell'audacia dei piccoli investitori e dall'altro "giusti" nei confronti di chi è bersagliato dalle tasse, sarebbe stato sufficiente mettere "un tetto" oltre il quale applicare l'aliquota del 26%, ad esempio per plusvalenze annue che superino lo stipendio lordo annuo di un dipendente medio; a mio avviso, come inciso, si deve sempre considerare che la speculazione sul mercato può provocare ingenti perdite, per cui la tassazione non dovrebbe mai essere simile ad una aliquota IRPEF perchè le perdite non vengono ripagate da nessuno.

Attualmente (luglio 2014) la tassazione è del 26% sia per la maggior parte degli strumenti finanziari fra i quali rientrano azioni, obbligazioni, fondi comuni, pronti contro termine sia per gli interessi dei conti correnti e depositi a risparmio. Fanno eccezione a questo 26%:

  • titoli di Stato italiani oppure titoli equiparati (ad esempio titoli emessi da enti territoriali) che hanno tassazione al 12,5%;
  • titoli emessi da Stati esteri e classificati in “white list” (decreto ministeriale del 4/9/1996 e successive modifiche),ad esempio titoli emessi da Germania, Francia, Stati Uniti. Essi hanno tassazione sempre al 12,5%;
  • i fondi pensione e piani individuali pensionistici con aliquota all’11.5%.

Esistono inoltre precise modalità di compensare le minusvalenze, più svantaggiose di quanto lo fossero in precedenza; al fine di rendere omogeno il beneficio delle minuslavenze con le varie aliquote di ritenuta capital gain (fra quelle prima del 2012 con tassazione al 12.5%, dopo il 2012 al 20% e da giugno 2014 al 26%), potranno essere portate a compensazione fino al 48.08% le minsvalenze prima del 2012, mentre fino al 76,92% quelle entro il 30/6/2014. Questo rende "fair" il vantaggio delle minusvalenze con le aliquote delle rendite finanziarie nei vari anni.

Un piccolo esempio può chiarire l'impatto della nuova rendita: se prima del 2012 gudagnavo il 5% su un titolo, la performance netta era del 4.3% (escluse commissioni bancarie) adesso è circa del 3.7%. Si tratta di oltre mezzo punto percentuale; se la performance si alza di 10 volte l'impatto sulla rendita è del -5%. Da non dimenticare che su titoli del paniere principale ci sono anche le imposte Tobin Tax che impattano ulteriormente sul rendimento od addirittura come aggravio di perdite in caso di operazione fallimentare. Tutto questo lascia intendere come il rapporto rischio/rendimento si abbassi molto per il settore azionario (ed anche obbligazionario corporate) a meno di non trovarsi in fasi di trend con performance "vertiginose" che rendono trascurabile ogni valutazione di tassazione (es performance del 200-300%). Questo aspetto conferma una verità assoluta, ossia che quando i mercati salgono la borsa è una grande opportunità di guadagno che non ha rivali, ma con un mercato ribassista od anche semplicemente laterale è obiettivamente difficile trarre profitti di una certa entità nonostante l'esistenza di prodotti a leva short di ogni tipologia. Un mercato ribassista è scarsamente profittevole.

La nuova tassazione suggerisce anche che sarà sempre meno appetibile operare "per piccoli profitti" e quindi, supponendo che esistano soggetti capaci di fare il mercato, i trend saranno comunque lunghi e/o profondi, a giustificazione di un premio sul rischio che sia in linea alle aspettative di guadagno di questi soggetti.


Roma, primo luglio 2014
Fabio Longo

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